Ostacoli alla perdita di peso

Malgrado molto spesso il sovrappeso sia considerato un problema semplicemente legato alla mancanza di forza di volontà, imputando in questo modo tutte le colpe al paziente che non è abbastanza forte da resistere alle tentazioni, in molti studi è stato dimostrato che la difficoltà a dimagrire è dipendente non solo da una non adeguata motivazione, ma anche da numerose difese biologiche che il nostro organismo mette in atto per ostacolare il dimagrimento. E' fondamentale evidenziare che tali sistemi di difesa sono attivati soprattutto quando il regime calorico è molto restrittivo.
In maniera schematica, possiamo dire che i danni che il corpo subisce in conseguenza di una dieta sono:

  • Adattamento metabolico
  • Alterazione della composizione corporea; perdita massa magra
  • Danni psicologici
  • Danni comportamentali

Adattamento metabolico

La perdita di peso avviene quando ciò che consumiamo è superiore a ciò che introduciamo con il cibo. In questa situazione il corpo tende a metabolizzare (consumare) la massa di grasso. Quando la differenza tra le calorie introdotte e quelle eliminate è eccessiva, come accade nelle diete troppo rigide, il nostro organismo identifica tale situazione come un periodo di carestia. Esso reagisce a tale condizione tentando di adattarsi al "pericolo". Inizia cosi a mettere in moto potenti sistemi di difesa, come risparmiare le calorie consumate, aumentare il senso di fame, resistere meno alle "tentazioni", che inesorabilmente favoriranno il rapido recupero del peso perso. Questo meccanismo spiega perfettamente la teoria secondo cui, quando le diete sono troppo restrittive, "le diete fanno ingrassare".

Alterazione della composizione corporea perdita di massa magra

perdita di massa magra e massa grassa

Quando vogliamo dimagrire velocemente e vengono prescritti programmi dietetici molto restrittivi, spesso il paziente non è informato di quello che succede.
Questa strategia da un lato porta a perdere un maggior numero di chili, ma dall'altro tali chili in più sono persi per riduzione di acqua e soprattutto massa muscolare.
E’ importante sapere che dimagrire significa perdere grasso, non muscoli o acqua.
Tra l'altro, a fare la differenza nel migliorare lo stato di salute, migliorare la capacità di resistere alla fatica e l’estetica è la quota di grasso perso (dimagrimento) e non la riduzione del peso per perdita di massa magra.
Inoltre la riduzione della massa muscolare induce direttamente una riduzione del metabolismo basale, per cui assistiamo ad una accentuazione dell'adattamento metabolico.

L'unico modo che può garantire contemporaneamente un dimagrimento ottimale e il pieno rispetto della massa magra è prescrivere al paziente un programma alimentare il cui apporto calorico è basato sulla "misura" del Metabolismo Basale mediante la Calorimetria Indiretta.

Danni comportamentali

Una dieta rigida protratta per settimane o addirittura mesi crea alterazioni nella percezione di fame e sazietà inducendo a un fenomeno molto pericoloso che è la perdita di controllo sul cibo (abbuffata), che conduce all'inevitabile recupero del peso perso. E' necessaria dunque la misurazione del dispendio energetico prima di impostare un programma alimentare. Così possiamo essere certi di rispettare le esigenze caloriche del nostro organismo, evitando le possibili conseguenze negative che questo comporta.

Danni psicologici

L'impossibilità di rispettare un piano alimentare eccessivamente ridotto rispetto alle proprie esigenze porta il paziente a un sempre crescente senso di colpa, disistima, senso di inadeguatezza, che compromettono ulteriormente la qualità della loro vita. Le persone che hanno alle spalle una lunga storia di perdita e recupero del peso, presentano spesso il circolo vizioso dei sensi di colpa. La dieta rigida intesa come prescrizione, o proposito dimagrante senza possibilità di trasgressione, porta allo sviluppo di pensieri e comportamenti che perpetuano l'obesità, un'obesità conseguente a un disturbo del comportamento alimentare.
La dieta rigida è seguita, alla fine, dalla perdita di controllo. Questo porta a un'assunzione di cibo che per quantità e modo è diversa dalla normalità. L'abbuffata è seguita dai sensi di colpa e da sentimenti di fallimento. Questa situazione mette in atto quei meccanismi emotivi e metabolici che portano a consolarsi con altro cibo in attesa di avere un'altra volta la voglia di ricominciare o di sperimentare qualcosa di nuovo. La persistenza di tale stato fallimentare e lo sperimentare il peso dei sensi di colpa, che pesano di più dei chili stessi, innesca dei meccanismi differenti nei vari soggetti. I soggetti giovani, con una forte motivazione estetica associata a un’insoddisfazione corporea marcata, possono arrivare al vomito o al rifiuto di cibo: nel primo caso per liberarsi dai sensi di colpa e dal cibo stesso, nell'altro per non sperimentare ancora i sensi di colpa. Si capisce come le due situazioni rappresentino l'anticamera di anoressia e bulimia.
Un terzo gruppo di soggetti meno giovani e con più fallimenti alle spalle decide di accettare l'obesità stessa vista l'incapacità di non riuscire nell'intento dimagrante. Tale apparente accettazione è in grado di far stare meno male rispetto ai sensi di colpa di cui si è stati più volte vittima.