FAHFATOC1Alcuni ricercatori hanno identificato una nuova classe di molecole che potrebbero aumentare la sensibilità insulinica e il controllo dello zucchero nel sangue, aprendo nuove possibilità nella cura del diabete di tipo 2. Lo studio, pubblicato su Cell,

è stato realizzato da un team di scienziati del Beth Israel Deaconess Medical Center (Bidmc) e del Salk Institute. I nuovi grassi, individuati negli animali, si chiamano Fahfa (acid-hydroxyl fatty acids) e si trovano all’interno delle cellule.

Queste molecole sono ‘buone’ come quelle di omega-3. Al contrario degli omega-3, che non vengono prodotti dai mammiferi, i Fahfa vengono invece costruiti e scomposti all’interno dell’organismo umano.
“Questa importante caratteristica conferisce ai Fafha un vantaggio in termini di sviluppo terapeutico, perché potremmo essere in grado di modificare il tasso di produzione e la ripartizione in tutto il corpo”, osserva Barbara Kahn, senior author e Vice Presidente del Dipartimento di Medicina presso il Bidmc. “Dato che siamo in grado di misurare i livelli di Fahfa nel sangue, basse concentrazioni possono rivelarsi un indicatore precoce del rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Di conseguenza, se il ripristino dei livelli Fahfa negli individui con insulino-resistenza rivela effetti terapeutici, a livello potenziale potremmo essere in grado di intervenire prima dello sviluppo del diabete”.

“Sulla base della loro biologia, possiamo aggiungere i Fahfa alla ristretta lista dei lipidi con effetti benefici”, ha affermato il co-autore senior Alan Saghatelian, PhD, Professore al the Clayton Foundation Laboratories for Peptide Biology al Salk Institute a La Jolla, in California. “Questi lipidi sono sorprendenti, perché possono anche ridurre l’infiammazione, suggerendo che potremmo scoprire le opportunità di queste molecole in malattie infiammatorie, come il morbo di Crohn e l’artrite reumatoide, oltre che al diabete”.
La ricerca è partita da alcune indagini su un particolare modello murino, con una maggiore presenza di molecole GLUT 4 (i GLUT sono proteine trasportatori del glucosio, specifiche proteine). I ricercatori hanno “osservato che gli esseri umani che sono resistenti all’insulina – e quindi più inclini a sviluppare il diabete e le malattie metaboliche – mostrano una minore concentrazione dei GLUT-4, molecole trasportatrici di glucosio nelle cellule di grasso”, dice Kahn.
Infatti, studiando la concentrazione di questi lipidi nell’uomo, nel grasso o nel plasma di individui con insulino-resistenza, i ricercatori hanno osservato che le concentrazioni di Fahfa erano dal 50 al 75% più basse di quelle degli individui con normale sensibilità insulinica.
Nello studio, “con nostra sorpresa, la sovra-espressione di GLUT-4 di grassi era sufficiente per aumentare la tolleranza al glucosio e proteggere i topi contro il diabete, anche quando gli animali erano obesi”, spiega Kahn.
Questi animali mostravano un elevato livello di acidi grassi, spesso associati nell’uomo con insulino-resistenza ed intolleranza al glucosio, ma erano sensibili all’insulina e in grado di controllare i livelli di zucchero nel sangue, riferiscono i ricercatori. Con una particolare tecnica di spettrometria, essi hanno individuato in questi topolini la presenza di quattro lipidi normalmente assenti. “Sto conducendo queste analisi per più di un decennio e Fahfa è una delle uniche due nuove classi di lipidi che abbiamo scoperto”, aggiunge Saghatelian.

Aumentando attraverso l’alimentazione il livello di Fahfa nell’animale, i ricercatori hanno mostrato un rapido e radicale calo dello zucchero nel sangue e un aumento dell’insulina.
“Una scoperta che offre nuove valide vie di trattamento, che speriamo di essere in grado di testare in studi clinici”, auspica Kahn. “Un elemento di fondamentale importanza, in quanto i tassi di obesità e diabete di tipo 2 rimangono in proporzioni epidemiche in tutto il mondo”.

Mark M. Yore, Ismail Syed et al., Discovery of a Class of Endogenous Mammalian Lipids with Anti-Diabetic and Anti-inflammatory Effects, Cell, Volume 159, Issue 2, p318–332, 9 October 2014, DOI:

http://dx.doi.org/10.1016/j.cell.2014.09.035

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